La verità delle forbici – Variazioni dal rasoio di Occam

L’uomo fin da quando ha cominciato a “pensare” si è posto dei problemi le cui soluzioni ha trovato, via via, nella mitologia, nella religione, nella filosofia, nella scienza. E se le domande in fondo sono sempre le stesse, le risposte sono sempre diverse e più adeguate a seconda dello sviluppo delle facoltà del pensare.

Anche l’arte transita in questi campi, tuttavia questa, più che dare soluzioni, ha preferito porre domande o, se si vuole, si è fermata a risposte pre-logiche, data la sua natura e la sua funzione.

Uno dei problemi su cui l’uomo si è sempre arrovellato è quello dell’essere e dell’apparire di una cosa, reale o mentale, e del suo rapporto con la parola che la definisce: che cosa è vero e reale? Ciò che noi vediamo o un qualcosa che l’occhio non percepisce? Eraclito diceva che un fiume non è mai lo stesso perché l’acqua che scorre ne fa un’entità sempre diversa, eppure il “nome” è sempre lo stesso. Gli idealisti estremi affermavano che la realtà di una cosa è data dal pensiero che la pensa, salvo poi farsi male sbattendo, nel buio di una stanza, una gamba su una sedia che, non pensata, non esisteva! Gertrude Stein, la grande amica di Picasso, diceva che “una rosa è una rosa, una rosa, una rosa”. Ma non è vero, e Pippa ce lo dimostra, evidenziando quale complessità si cela dietro alle cose semplici e quante possibilità esistono per stabilire definizioni stabili la cui riduzione, il famoso rasoio di Occam, rischia di complicare ancor più le cose.

La giovane artista prende una foglia vera, poi la ritaglia con le forbici, crea così un’altra foglia di diversa forma, che costituisce l’opera. Ma questa seconda foglia è “vera” anch’essa? Certamente. Ma come possiamo definirla? Con il nome della foglia originaria o con il nome di quella di cui ha assunto l’aspetto?

Qui si pone un altro problema (simile al precedente): qual è il limite tra naturale e artificiale? Nessuno può negare che la seconda foglia sia “naturale” nella sua materia, tuttavia è “artificiale” per la manipolazione dell’artista.

Queste opere di Pippa Bacca ci si presentano serene, dolci, liriche quasi, eppure abbiamo visto quali problemi sottendono e lei stessa sembra esserne consapevole quando le titola “mutazioni chirurgiche”, stravolgendo le apparenze e trasformando in dramma quella presunta idillicità.

In una serie di lavori più recenti il pensiero di Bacca si articola maggiormente: fotografa le persone che le danno un passaggio in autostop, poi ritaglia le fotografie in modo da creare l’immagine di un mezzo di trasporto, terrestre, marino e aereo. Per un verso qui c’è una buona dose di cinismo, dato dal trasformare le persone gentili, con un processo di “cosizzazione”, in un mezzo di trasporto – che, poi, è quello che originariamente Pippa cercava -, per un altro c’è tutta la mitologia del viaggio che, da Ulisse all’on the road, al nomadismo, ha sempre affascinato l’uomo, con tutto ciò che questo comporta.

Ecco, allora, come un’arte apparentemente disinvolta, ironica, “leggera”, ci induce a riflessioni “alte” che oltrepassano il piacere dell’occhio e ci ricordano che l’uomo, se è tale, è stato fatto per “seguir virtute e conoscenza”.


Since he began to “think” man has presented himself with problems whose solutions he has found, piece by piece, in mythology, religion, philosophy and science. And if the questions are basically always the same, the answers are always different and ever more adequate according to the development of the faculty of thought.

Art too passes through these pastures, though rather than to present solutions, it has preferred to pose questions or, if you might prefer, it has halted at pre-logical responses, given its nature and its function.

One of the problems with which man has always grappled, is that of the being and the appearance of a thing, be it real or in the mind, and of its relationship with the word that defines it: what is true and what is real? That which we see or something which the eye does not perceive? Heraclitus said that a river is never the same because water which runs makes it an ever differing entity, even though the “name” be always the same. The extreme idealists hold that the reality of a thing is given by the thought that thinks it, except that one can hurt oneself by striking one’s leg, in a darkened room, against a chair, which, being not thought of, should not exist! Gertrude Stein, that great friend of Picasso’s, said “a rose is a rose, is a rose, is a rose”. But that is not true, as Pippa demonstrates, drawing attention to that complexity that hides behind simple things and to how many possibilities exist for establishing stable definitions whose reduction, the famous razor of Occam, runs the risk of complicating things even further.

The young artist takes a real leaf, then she reshapes it with scissors, so creating another leaf with a different shape, which is the work itself. But is this second leaf “real” too? Certainly. But how do we define it? With the name of the original leaf or with the name of the one whose look it has taken on?

Another question is asked here (similar to the previous one): where is the boundary between the natural and the artificial? No-one may deny that the second leaf is “natural” in its substance, though it be “artificial” through the artist’s intervention.

These works by Pippa Bacca present themselves as serene, soft, almost lyrical, though we have seen what problems they imply, and she herself seems to be aware of them in giving them the title of “surgical mutations”, upturning their appearance, rendering their supposed idyl all the more dramatic.

In a series of more recent works Bacca’s thinking expresses itself in a more complex way: she photographs the people who give her a lift while hitchhiking, then she reshapes the photos so as to create the shape of a means of transport, terrestrial, marine or aerial. On one hand, we have a good dose of cynicism here, the transformation of kind people, through a process which would convert them into things, into a means of transport – that which Pippa was originally looking for -, on the other, there is all the mythology of the journey, from Ulysses to On the Road, to the nomadic, that has always fascinated man, with all that this implies.

Here, then, with an art which is apparently easy going, ironic, “light”, we are induced to “higher” reflection that passes beyond the pleasure of the eye and which reminds us that man is fashioned to “seek virtue and cognizance”.

Giorgio Bonomi